SI
riparte da un pentito di camorra, Michele Frongillo. Lunedì mattina torna in
aula il super procedimento a carico di
Gennaro
De Angelis, meglio conosciuto come don Gennaro.
Quasi
settantenne, malato e per
questo
in cura anche in Francia,
per
quasi 25 anni ha vissuto a
Formia
e da lì, da un piccolo
appartamento
di via Unità d’Ita -
lia,
ha guidato un impero
del
valore di 80 milioni di
euro
e un piccolo esercito
di
uomini che lavorava
per
lui. A febbraio 2009
don
Gennaro è stato arrestato proprio a Formia e
adesso
è in corso il processo che svela quanto
era
pressante e precisa la
forza
intimidatrice dei
«deangelisiani»
che riciclavano i soldi dei casalesi in traffico di macchine
dalla
Germania, società
cartiere,
mobilifici, negozi di abbigliamento e
opifici
alimentari di formaggi e salumi. Non ha
mai
sparato a nessuno
Gennaro
De Angelis anche se la questura di Latina lo ha segnalato più
volte
per reati finanziari
(truffe,
assegni a vuoto
bancarotta)
e per associazione mafiosa (nel maggio del 1996). Chi è davvero questo oscuro
signore che girava per
Formia
in jeans e utilitaria rigorosamente Fiat,
ma
poteva permettersi di
regalare
a Francesco
Schiavone-San
dokan
una
Jaguar appena consegnata dall’autosalone? Il suo
difensore,
l’avvocato Arturo
Buongiovanni,
sta dando battaglia in aula da mesi perché - dice
-
«non ci sono prove del fatto che
è
un capo della camorra, a parte
quello
che dicono i pentiti non ci
sono
altri riscontri». Però i pentiti dicono cose precise e spesso
concordanti.
Luigi Diana, esponente di primo piano dei casalesi, in cui ha militato fino al
1997,
nei
verbali assunti dalla Dda
quando
è divenuto collaboratore
di
giustizia dice:« ... De Angelis
Gennaro,
che io conosco personalmente, a livello di camorra è
proprio
uno grosso, qualcosa di
più
di un capo zona dei casalesi... lui è dentro ogni affare illecito che si svolge
nella zona di
Cassino,
Formia e in generale
nel
frusinate... fa estorsioni, droga e truffe ad alto livello». Secondo quello che
dice Luigi Diana «fu De Angelis Gennaro a
favorire
la latitanza di Moccia
Enzo
che si nascose a Formia...
e
da quel momento i Moccia
misero
solide basi nel basso Lazio... fu il De Angelis Gennaro
di
persona che accompagnò Antonio Bardellino ad Ottaviano a
mettere
il tritolo T4, quello che
si
usa nelle cave, sotto il castello
di
Cutolo Raffaele». Per dire il
livello.
E per ricordare gli impavidi anni 80. Quando Antonio
Bardellino
muore, però, Gennaro De Angelis si ricicla come il
denaro
che mette nel mercato
delle
auto e passa con i vincitori,
con
Francesco Schiavone. Da
quel
momento farà molti favori
al
clan. Tipo: fornisce tritolo per
gli
attentati, informazioni utili
per
l’omicidio di Piccolo, appoggi per entrare nei lavori di
costruzione
della terza corsia
dell’A1.
«Gennaro De Angelis
partecipò
alla realizzazione della terza corsia della Roma-Napoli - dice Diana alla Dda
di
Napoli
- nel senso che riuscì a far
infiltrare
nei lavori Pasquale Zagaria, sia personalmente o a
mezzo
di prestanomi». Quando
terminano
i lavori dell’autostra -
da
c’è una torta più grande da
spartire,
la costruzione della linea ferroviaria dell’alta velocità,
che
corre parallela alla A1; nel
1988
i casalesi già sanno che ci
sarà
da «lavorare» nei cantieri e
avviano
le riunioni. E anche in
questo
caso l’apporto di De Angelis è più che utile: «...l’incon -
tro
avuto a casa di Michele Zagaria con De Angelis era appunto finalizzato a
discutere della
ripartizione
dei lavori della Tav.
In
particolare Bidognetti Domenico, Zagaria Michele e Schiavone Walter chiesero al
De Angelis di fornire loro il nominativo di un’impresa edile operante
nella
zona di Frosinone che doveva essere inserita in un Consorzio più ampio che
gestiva i
lavori
della tav, nell’ambito del
quale
vi erano tutte società riconducibili al clan dei casalesi...». Tutto questo
avveniva
mentre
don Gennaro era «solo»
il
titolare di un piccolo mobilificio al centro di Formia, esattamente il luogo
strategico da dove poteva offrire i suoi servigi
senza
avere troppi problemi.
DA LATINA OGGI DEL 18.9.12
COME
E’ NATA L’INCHIESTA.
IL
processo De Angelis viene da lontano,
da
un’inchiesta avviata nel 2007 e conclusasi il 26 gennaio del 2009 con le
ordinanze
di custodia cautelare firmate
dal
gip di Roma, Demma, a carico di De
Angelis,
e con lui, indagati per reati che
vanno
dall’appropriazione indebita alla
truffa
in danno di privati, falso, riciclaggio con vincolo associativo, altre 21
persone. Tra le posizioni più delicate quella
di
Antonio Di Gabriele, nato a Crispano
ma
residente a Gaeta, uno degli uomini
di
fiducia del capo. Secondo il capo di
imputazione
Gennaro De Angelis e gli
altri
(coinvolti a vario titolo) avevano
costituito
«un’associazione di tipo mafioso collegata, confederata e alleata al
sodalizio
camorrista denominato ‘clan
dei
casalesi’, finalizzata alla commissione
di
una serie indeterminata di delitti ....
con
la forza di intimidazione e assoggettamento che promanava sia dalla
persona
del capo dell’organizzazio -
ne
De Angelis Gennaro, legato al
sodalizio
camorrista dei casalesi, sia
da
quello dei suoi uomini di fiducia,
Saidi
Aladino, Tozzi Pellegrino,
Morra
Massimo, Morra Carmine,
tutti
collegati alla famiglia Schiavone
di
Casal di Principe e alla famiglia
Belforte
di Marcianise». Ma per capire qual era il ruolo specifico e il
prestigio
di De Angelis di cui si parla
negli
atti del processo presentati dalla pubblica accusa, retta dal procuratore
Giseppe De Falco, è utile scorrere il ritratto che ne fa il gip:
«...dirimeva
i conflitti interni all’as -
sociazione,
teneva i contatti con l’or -
ganizzazione
camorrista di appartenenza, organizzava il traffico e l’impor -
tazione
di vetture dai Paesi dell’area Ue
in
frode all’Iva, dirigeva le attività intimidatorie, fraudolente ed estorsive in
danno
di concorrenti, remunerava o faceva remunerare i pubblici ufficiali che,
di
volta in volta, agevolavano il sodalizio
o
i suoi appartenenti.... in questo modo
giustificava
le sue frequentissime presenze in Germania e Belgio dove veniva
organizzata
parte dell’attività delittuosa...» tramite la «De Angelis Gennaro
Automobil
Import/Export» e la «De Angelis Gennaro impresa individuale». Le
due
società usate per far arrivare le
macchine
in Italia frodando l’Iva e quindi immettendole sul mercato con la complicità di
concessionarie di amici o direttamente controllate a prezzi ultra comp e t i t
iv i .
COME
AGIVANO.
L’impianto
accusatorio del processo a De Angelis fonda su dichiarazioni di collaboratori
di
giustizia
e sui riscontri fatti negli
atti
relativi alle società cartiere e
alle
truffe con l’importazione di
automobili.
Però c’è dell’altro nei
verbali
dei pentiti. Ci sono gli anni
80
e 90 a Formia, le speculazioni
edilizie,
le estorsioni, i soldi contanti che giravano come fossero
birilli
e quella «certa idea di mondo» che pian piano è entrata a far
parte
anche del tessuto economico e imprenditoriale della zona.
Illuminante
anche in questo senso
ciò
che dice sempre Augusto La
Torre
sentito dalla Dda di Napoli:
«I
creditori del De Angelis non
osavano
andare da lui per chiedere i dovuti pagamenti. Diciamo
che
si trattava di estorsioni camuffate da truffe. In ogni caso con
questi
sistemi si è creato una forte
posizione
economica... riceveva
uno
stipendio cospicuo dal clan
dei
casalesi (ricordo che dopo la
morte
di Bardellino prendeva uno
stipendio
pari al mio e cioè 5
milioni
di lire al mese) allorquando noi facevamo delle estorsioni
nelle
sue zone gli facevamo sempre un regalo.... De Angelis ci
segnalava
spesso anche le ditte a
cui
fare le estorsioni mentre se lui
riusciva
a chiudere qualche
estorsione
teneva tutto per lui...
una
volta un imprenditore di
Formia
stava realizzando degli
a p p
a r
t a m e
n t
i
n
e l l a z o n a
de
ll ’ospedale di
Formia...
mandai
dei
miei ragazzi
a
fermare il cantiere... alcuni
giorni
dopo venne da me un mio affiliato, Pagliuca Donato, e mi disse che si era
rivolto
a lui tale S. persona di
Formia
che faceva l’allenatore di
pallone...
anche alla Mondragonese calcio. Questo S. non ricordo
a
quale titolo era collegato alla
costruzione
di questi appartamenti e aveva chiesto a Pagliuca se noi
mondragonesi
potevamo chiudere un occhio su questa situazione
visto
che il costruttore aveva già
fatto
un regalo a Gennaro De Angelis... io
m
a n d a i a
chiamare
De
Angelis
e gli
chiesi
del regalo e lui mi
c
o n f
e r m ò
che
lo aveva
e f f e
t t i v amente ricevuto ... io per
mantenere
i
buoni
rapporti non gli
chiesi
nessuna percentuale». A De Angelis sono stati
sequestrati
due immobili per uso
abitazione
a Formia e un conto
corrente
in una banca della stessa
città,
tutto parte del patrimonio da
80
milioni cui sono stati apposti i
sigilli
il 15 marzo del 2011.
CHI
E’ DE ANGELIS.
IL
ritratto di De Angelis fornito
dai
pentiti è inquietante non
solo
e non tanto per la forza
intimidatrice
e la sua affiliazione ma per i dettagli forniti anche durante il dibattimento
del
processo
Spartacus per esempio da Augusto La Torre, ex
capo
dell’organizzazione camorristica autonoma, slegata
dai
casalesi anche se i contatti
tra
i due sodalizi erano inevitabili. Nella sua qualità di teste
dell’accusa
al processo, Augusto La Torre nell’udienza del 3
marzo
2003 dice: «... nella zona
di
Formia, oltre a Guido Coppola, il clan dei casalesi poteva
utilizzare
Gennaro De Angelis
e
Armando Puoti. Si trattava di
gente
che in passato aveva appoggiato Bardellino.... Gennaro De Angelis è una persona
di
Casal
di Principe che si è trasferito da molti anni nella zona tra
Formia
e Gaeta, è uno che vendeva i mobili... ed era uno nostro... era prima molto
amico di
Antonio
Bardellino, dopo si è
avvicinato
ai vari personaggi
tra
cui De Falco, Sandokan,
Bidognetti
e compagnia bella,
stava
in zona e poteva succedere che se noi facevamo
un’estorsione
a qualcuno si rivolgeva a lui e lui lo mandava
da
noi e noi gli facevamo un
regalo,
però automaticamente
loro
prendevano anche uno stipendio... ci incontravamo sempre al suo mobilificio...
lui mi
parlava
sempre di ‘Sandokan’,
tanto
è vero che mi disse che
quando
‘Sa nd ok an ’ stava in
carcere
in Francia lui gli mandò
un
Jaguarino molto bello, glielo mandò perché ‘Sandokan’ lo
doveva
regalare a un avvocato e
poi
lui stesso mi disse ‘Non me
lo
hanno nemmeno pagato’».
D
e A n g e l i s
nella
zona del
sud
pontino era
«ascoltato»
e interpellato per
tutto.
Dice La
Torre:
«... mi occupai negli anni
90
di convincere
il
proprietario
della
spiaggia di
fronte
alla casa
d
i M a n d a r a
(Giuseppe,
imprenditore ritenuto vicino ai La
Torre
ndc) a
Gaeta
a cedergli
il
terreno; per raggiungere lo
scopo
mi rivolsi a De Angelis
Gennaro
e a Puoti Armando
affiliati
ai casalesi e ‘competen -
ti’
di zona affinché lo avvicinassero e lo costringessero a
cedergli
il terreno...»
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