AVEVANO
anche ottimi
c
o n t a t t i a l l ’ i n t e r n o
dell’ospedale
Dono Svizzero di Formia i cinque arrestati nell’operazione Tramontana condotta
lunedì
dalla
Guardia Costiera di
Gaeta.
E’ quanto emerge dal
racconto
di alcune delle vittime a cui, in cambio di
denaro,
veniva promesso un
lavoro
nel settore marittimo
o
il superamento di corsi di
abilitazione
ed esami. E se i
fratelli
Talesco erano i «deus
ex
machina» del gruppo, gli
altri
tre coinvolti si occupavano di esigere il denaro e
intimidire
le vittime a non
rivelare
la truffa subita. E
poi
ci sono, ancora non indagati, alcuni medici, almeno
quattro,
del Dono Svizzero.
Secondo
il racconto delle
vittime,
eseguivano prestazioni sanitarie quali esami
radiografici,
cardiocircolatori e quant’altro senza nulla
pretendere.
In alcuni casi anche andando direttamente a
casa
dei truffati. Lo schema
adottato
era molto semplice.
Una
volta che uno dei fratelli
Talesco
agganciava la vittima o una persona a lei vicina, cominciava a millantare
le
sue conoscenze nel campo
marittimo,
mercantile o militare. Quindi si informava
se
la persona avvicinata ne
conoscesse
altre interessate
ad
avviarsi nella carriera
marittima
dove, raccontavano, «si guadagna molto bene
e
in poco tempo». E se a
questa
domanda, arrivava
una
risposta affermativa, immediatamente dopo veniva
chiesto
alle vittime di sostenere degli esami medici propedeutici a sostenere le prove
di voga e nuoto presso la
Capitaneria
di Porto necessarie al rilascio del libretto di
navigazione.
Pertanto, uno
dei
due fratelli, a seconda di
chi
avesse agganciato, chiedeva alla vittima di recarsi
dal
proprio medico di famiglia per farsi rilasciare l’im -
pegnativa
per le varie visite
da
sostenere. Impegnativa
che
poi i fratelli si facevano
consegnare
mettendo in
azione
il proprio contatto
all’interno
del Dono Svizzero: un medico. Sempre lo
stesso,
come dimostrerebbero le intercettazioni telefoniche, che poi
m
e t t eva i n
azione
altri
medici
perchè
e
ff et t ua ss er o
tutti
gli esami
r
i c h
i e s t i
n
e ll ’i m p eg n ativa. Esami
che
di fatto
non
avevano alcuna urgenza, a costo zero, e per cui un
comune
cittadino dovrebbe
aspettare
settimane se non
mesi.
E comunque pagare una tariffa.
Acquisita
la
fiducia
della
vittima
proprio grazie alla dimostrazione di forza
in
ospedale,
arrivava
la prima richiesta
di
danaro. Inizialmente una
cifra
bassa a cui però, immediatamente dopo, se ne aggiungeva una maggiore per
imprecisati
costi aggiuntivi
da
sostenere. Con telefonate
all’utenza
della vittima sempre più assillanti se questa
esprimeva
dubbi sul buon
esito
di quanto promesso.
Un
sistema collaudato,
quindi,
e che si è espresso
fino
a pochi giorni prima
degli
arresti. Da appurare
ora
il ruolo dei medici. La
Capitaneria
di Porto indaga .
DA
LATINA OGGI DEL 27.9.12
SI CONSOLIDA LA PISTA DEGLI AMICI MEDICI!
SI CONSOLIDA LA PISTA DEGLI AMICI MEDICI!
AVEVANO
anche ottimi
c
o n t a t t i a l l ’ i n t e r n o
dell’ospedale
Dono Svizzero di Formia i cinque arrestati nell’operazione Tramontana condotta
lunedì
dalla
Guardia Costiera di
Gaeta.
E’ quanto emerge dal
racconto
di alcune delle vittime a cui, in cambio di
denaro,
veniva promesso un
lavoro
nel settore marittimo
o
il superamento di corsi di
abilitazione
ed esami. E se i
fratelli
Talesco erano i «deus
ex
machina» del gruppo, gli
altri
tre coinvolti si occupavano di esigere il denaro e
intimidire
le vittime a non
rivelare
la truffa subita. E
poi
ci sono, ancora non indagati, alcuni medici, almeno
quattro,
del Dono Svizzero.
Secondo
il racconto delle
vittime,
eseguivano prestazioni sanitarie quali esami
radiografici,
cardiocircolatori e quant’altro senza nulla
pretendere.
In alcuni casi anche andando direttamente a
casa
dei truffati. Lo schema
adottato
era molto semplice.
Una
volta che uno dei fratelli
Talesco
agganciava la vittima o una persona a lei vicina, cominciava a millantare
le
sue conoscenze nel campo
marittimo,
mercantile o militare. Quindi si informava
se
la persona avvicinata ne
conoscesse
altre interessate
ad
avviarsi nella carriera
marittima
dove, raccontavano, «si guadagna molto bene
e
in poco tempo». E se a
questa
domanda, arrivava
una
risposta affermativa, immediatamente dopo veniva
chiesto
alle vittime di sostenere degli esami medici propedeutici a sostenere le prove
di voga e nuoto presso la
Capitaneria
di Porto necessarie al rilascio del libretto di
navigazione.
Pertanto, uno
dei
due fratelli, a seconda di
chi
avesse agganciato, chiedeva alla vittima di recarsi
dal
proprio medico di famiglia per farsi rilasciare l’im -
pegnativa
per le varie visite
da
sostenere. Impegnativa
che
poi i fratelli si facevano
consegnare
mettendo in
azione
il proprio contatto
all’interno
del Dono Svizzero: un medico. Sempre lo
stesso,
come dimostrerebbero le intercettazioni telefoniche, che poi
m
e t t eva i n
azione
altri
medici
perchè
e
ff et t ua ss er o
tutti
gli esami
r
i c h
i e s t i
n
e ll ’i m p eg n ativa. Esami
che
di fatto
non
avevano alcuna urgenza, a costo zero, e per cui un
comune
cittadino dovrebbe
aspettare
settimane se non
mesi.
E comunque pagare una tariffa.
Acquisita
la
fiducia
della
vittima
proprio grazie alla dimostrazione di forza
in
ospedale,
arrivava
la prima richiesta
di
danaro. Inizialmente una
cifra
bassa a cui però, immediatamente dopo, se ne aggiungeva una maggiore per
imprecisati
costi aggiuntivi
da
sostenere. Con telefonate
all’utenza
della vittima sempre più assillanti se questa
esprimeva
dubbi sul buon
esito
di quanto promesso.
Un
sistema collaudato,
quindi,
e che si è espresso
fino
a pochi giorni prima
degli
arresti. Da appurare
ora
il ruolo dei medici. La
Capitaneria
di Porto indaga .
DA
LATINA OGGI DEL 27.9.12
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