IL
TAR del Lazio dà ragione al Governo e lo invita a proseguire nel percorso di
contenimento
della
spesa pubblica cominciato con uno schema
di
riordino delle province
italiane.
Il tribunale amministrativo regionale ha
d
u n q u e
s c on f e s sa t o
la
Regione
Lazio
e le
p
r o v
i n c e
che
si erano
opposte
al
p
r ovve d imento del
G o v e r
n o
r
es p in ge ndo la richiesta di sospensione del decreto legg e p r e v i s t o d a l l a
«spending
review».
Richiesta,
quella sottoscritta tra gli altri anche
dal
presidente dell’ammi -
nistrazione
provinciale di
Latina
Armando Cusani,
nata
in aperto contrasto
con
la procedura stabilita
dal
decreto legge ritenuta
illegittima
dai ricorrenti
per
contrasto con la Costituzione. Una doccia gelata, insomma, per quanti
erano
convinti di poter
scongiurare
mediante il ricorso al Tar la mannaia
prevista
dal Governo.
Soddisfazione,
manco a
dirlo,
è stata espressa dal
ministro
per funzione
pubblica
Filippo Patroni
G
r i ffi .
«Il
Tar del Lazio conferma la correttezza dell’ope -
rato
del Governo e costituisce un ulteriore impulso
a
portare a termine senza
indugio
il programma di
riordino,
in piena collaborazione con le Regioni,
con
le Province e con le
comunità
locali» ha fatto
sapere
il responsabile della pubblica amministrazione. Per questo, ha aggiunto il
ministro, «prendo atto con soddisfazione
di
questa importante decisione del giudice amministrativo». Parole chiare
quelle
del ministro che
suonano
come una pietra
tombale
per le speranze di
quan
-
ti
credevano nel ricorso
al
Tar come ultima
istanza
per evitare lo spettro
di
una cancellazione o, al più,
di
un accorpamento che a questo
punto
appare davvero inevitabile. E’ il
caso,
questo, della Provincia di Latina. Ormai sempre più avviata verso un
destino
da convivente con
la
«gemella» provincia di
Frosinone.
Secondo i piani del Governo, infatti, Latina non rispetterebbe tutti
e
tre i requisiti indispensabili per la sopravvivenza
(estensione
territoriale,
densità
di abitanti e numero di Comuni, ndr) e per
questo
è destinata alla «fusione a freddo» con la
ciociaria.
Con un paradosso: quello di conservare il
capoluogo
a danno di
quello
ciociaro destinato a
retrocedere
al rengo di
semplice
città.
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