ERANO le 15.30 circa di ieri
quando, colui che può ritenersi il
testimone chiave del delitto di
Santi Cosma e Damiano, si è
recato spontaneamente presso la
caserma dei carabinieri di Formia
per rendere la sua versione
dei fatti relativi all’omicidio di
Fiore Pandolfo. Si tratta di un
ragazzo 16enne di Santi Cosma e
Damiano che, accompagnato
da ll ’avvocato difensore Enzo
Biasillo e da alcuni stretti familiari,
ha reso dichiarazioni spontanee
al Maggiore della locale
compagnia Pasquale Saccone.
Un interrogatorio durato oltre tre
ore, videoregistrato per essere
inviato al sostituto procuratore
titolare del caso Daria Monsurrò,
che non ha di fatto alterato la
posizione giudiziaria del ragazzo
che resta perciò persona informata
dei fatti. Un testimone
chiave, dunque, perché presente
durante l’intera sequenza che si è
risolta con il tragico epilogo
dell’uccisione di Fiore Pandolfo,
trucidato con numerosi colpi di
arma da fuoco da Mirko Pascale.
Un testimone oculare che ha assistito
all’omicidio perché si trovava
a bordo della Fiat 500 di
Pascale. La testimonianza resa ai
carabinieri dal 16enne, infatti, è
servita anche a ricostruire i momenti
precedenti all’incontro dei
tre che sarebbe avvenuto casualmente.
Erano le 20 e 30 circa di
sabato scorso quando, come sono
soliti fare, il 23enne Pascale e
il suo amico 16enne si sarebbero
incontrati, e una volta saliti a
bordo dell’auto dell’om ici da
avrebbero dapprima raggiunto
un bar del posto per bere una
bibita e poi successivamente si
sarebbero recati presso un parco
chiuso per vedere i carri allegorici
in allestimento per la tradizionale
sfilata di Carnevale. Stavano
per andare via quando la
vittima Fiore Pandolfo, dopo
averli individuati, sarebbe salito
a bordo della sua Audi per seguirli.
Una volta raggiunti, secondo
la testimonianza del 16enne,
la Fiat 500 di Pascale si sarebbe
fermata
perché abbagliata
dai fari dell’auto
di Pandolfo che lo
seguiva nel medesimo
senso di
marcia. Sceso
dall’Audi, Pandolfo,
avrebbe
sferrato un calcio
alla Fiat 500 che
sarebbe perciò ripartita immediatamente.
Il tempo di fare pochi
metri e nuovamente Pandolfo
avrebbe frenato proprio davanti
alla 500 costringendo così Pascale
a fermarsi. A quel punto il
23enne avrebbe preso la pistola
dal cruscotto dell’auto per scaricare
una decina di colpi contro il
31enne autotrasportatore, uccidendolo.
Dopo l’omicidio, infine,
il 16enne si sarebbe fatto
immediatamente riportare a casa
da dove poi, in compagnia dei
suoi genitori, avrebbe accompagnato
l’omicida a costituirsi.
Questa la sequenza dei fatti che
sarebbe stata resa ieri dal testimone
oculare, sulla quale, tuttavia,
gli inquirenti continuano ad
indagare e a cercare conferme.
E’ rimasto però nel silenzio fino
ad oggi il 16enne di Santi Cosma
e Damiano, rischiando di compromettere
la sua posizione giudiziaria,
anche alla luce di un
falso alibi inizialmente fornito
agli inquirenti, ai quali aveva
infatti detto di trovarsi a casa. Ma
gli uomini coordinati dal Maggiore
Saccone erano nel frattempo
già risaliti alla sua identità
grazie alle dichiarazioni rese da
alcuni conoscenti e concittadini
che quella maledetta sera lo avevano
visto in compagnia di Mirko
Pascale. Ma
le dichiarazioni
spontanee del
giovane hanno
reso più semplice
la collaborazione.
«Un testimone
utile – ha
commentato lo
stesso Maggiore
Pasquale Saccone
– che ha fornito
ottimi elementi
per ricos
t r u i r e l a
vicenda. Siamo
risaliti a lui grazie
alle testimonianze
e grazie
alla sua collaborazione
». Sulla
posizione del
16enne è infine
intervenuto il
suo legale Enzo
Biasillo che ha dichiarato: «Il
mio assistito ha collaborato coi
carabinieri, chiarendo nei minimi
dettagli la sua posizione che
rischiava di compromettersi in
queste ultime ore. Ha solo avuto
la disgrazia di essere testimone
di un fatto gravissimo, avendo la
leggerezza di non parlare subito.
Lo ha fatto in ritardo – ha concluso
Biasillo –, rischiando di essere
indagato, ma ha avuto paura.
Tuttavia la deposizione è stata
tempestiva per non compromettere
la sua posizione».
Adriano Pagano
LA PAROLA AL MEDICO LEGALE: DUE PERSONE SI STAVANO FRONTEGGIANDO.
«E’ morto sul colpo». Così il
medico legale Giovanni Arcudi
al termine dell’autopsia sul
corpo del 30enne Fiore Pandolfo
effettuata ieri mattina
presso l’obitorio del cimitero
di Castagneto a Formia.
Un esame autoptico lungo e
accurato cominciato alle nove
circa del mattino e conclusosi
solo intorno alle tre. All’ester -
no del cimitero in attesa di
poter riavere la salma dell’uo -
mo, padre di due figli, i parenti
e moltissimi amici, addolorati
dalla perdita di quello che
tutti i presenti hanno definito
«Un bravo ragazzo, una persona
perbene». Presente
all’esame anche il medico legale
di parte dottor Forcina.
Un’indagine protrattosi anche
a causa dei numerosi colpi
sparati: dodici quelli che hanno
attinto al corpo dell’auto -
trasportatore sancosimese.
«Le difficoltà sono dipese soprattutto
da recupero di tre
proiettili rimasti nel corpo –
ha spiegato Arcudi – mentre
gli altri lo hanno trapassato».
Una morte che è avvenuta
quasi istantaneamente: «In
realtà non c’è un solo colpo
che ha provocato il decesso
anche se, senz’altro, il proiettile
sparato alla testa, che è
entrato nel cervello, è stato
quello inizialmente determinante.
Altri fori però li abbiamo
ritrovati anche in altri organi
vitali, polmone, fegato,
che hanno provocato tra l’al -
tro un’emorragia interna importante
». Sulla sequenza
dell’omicidio, poi, il medico
legale non esprime molti dubbi:
«I colpi sono stati esplosi
in rapida successione grosso
modo dalla stessa posizione
che i due avevano all’inizio
dello scontro, a una distanza
relativamente ravvicinata.
Certamente le traiettorie devono
essere ancora ricostruite
del tutto ma possiamo già dire
che le due persone coinvolte si
stavano fronteggiando». Altro
particolare i proiettili utilizzati
nell’aggressione: «Sono di
un calibro superiore al nove.
Non mi esprimo sul tipo di
pistola anche perché comunque
è stata sequestrata dai
Carabinieri intervenuti sul posto
». Relativamente alla prova
stub, tesa a rilevare polvere da
sparo sul corpo della vittima:
«Per quanto mi riguarda non
abbiamo proceduto in questo
senso anche
perché è l’esa -
me stata effettuato
dai carab
i n i e r i . M i
sembra che in
questo caso
non abbia molta
rilevanza anc
h e p e r c h é
seppure possono
esserci dei
residui sul corpo
della vittima,
questi provengono
dalla
pistola di chi
ha sparato, vista
anche la vicinanza
tra le
due persone».
Si è anche ipotizzato
che il
30enne abbia
provato a difendersi:
«Effettivamente
– precisa Arcudi
– abbiamo rilevato una ferita
alla mano ma non ci pare
sufficiente a dire che la vittima
necessariamente abbia
avuto il tempo di difendersi.
In questo caso specifico i
proiettili potevano attingere a
qualsiasi parte del corpo».
Francesco Furlan
DA LATINA OGGI DEL 22.2.12
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