domenica 30 dicembre 2012

Botti per ...l'anno che verrà! (in salsa chiaramente UDC)





Dopo il salasso natalizio con l'aliquota imu sulla seconda casa, sulle
aree edificabili e sugli immobili destinati ad attività produttive,
fissata ai tetti massimi del nove per mille, sotto la regia del Dr.
Antonio Ianniello, assessore al ramo, il consiglio comunale ha deliberato il 27 dicembre la esternalizzazione dei servizi tributari, termine che tradotto in parole povere, significa affidare ad una ditta o società esterna all'amministrazione stessa la procedura di accertamento, liquidazione e riscossione di tutti i tributi comunali. In termini politici significa ribaltare le scelte adottate dal 1998 fino al 2012, periodo durante il quale, a tale funzione hanno provveduto i dipendenti comunali alle dirette dipendenze dell'ufficio di ragioneria.
Ma significa un ritorno all’antica, quando proprio nel secondo biennio
dell'amministrazione Ianniello, si pensò di affidare proprio ad
una ditta esterna, l'Artel, dietro compenso del trenta per cento della
somma accertata, non di quella riscossa, la fase di accertamento e
liquidazione dei tributi riguardanti la vecchia Ici, e alla vecchia Irap.
Quell'affidamento comportò l'emissione di un numero di
cartelle "pazze" dell'ordine di venti miliardi delle vecchie
lire, che avrebbero portato nelle casse di quella società esterna oltre sei miliardi, senza nessuna certezza di poterne riscuotere alcuno. Questo fu il primo problema che l'amministrazione Taddeo affrontò e risolse, portando all'interno della macchina amministrativa comunale quel  lavoro che era stato portato all’esterno.
L'ici che nell'ultimo conto di gestione dell'amministrazione
Ianniello ammontava a 400.000 euro aumentò gradualmente fino a
raggiungere quattro volte tanto, ma soprattutto quelle cartelle divennero carta straccia, eliminando una potenziale causa di conflitto sociale.
Adesso, con lo stesso protagonista, si ritorna all’antica, e volendo
utilizzare la stessa terminologia usata dal solerte addetto stampa della
nostra amministrazione, sembra essere di fronte ad una situazione in cui prevalgono"piccoli fini politico partitici" piuttosto che
l'interesse generale della collettività. Non sappiamo se questi
interessi soddisfano persone interne all'amministrazione, piuttosto
che un  uccello che volteggia da qualche tempo nei cieli
dell'amministrazione di Santi Cosma e Damiano, con l’intento di  preparare il nido per qualche suo pargolo.
Certo è che si è voluto ritornare all’antica, trascurando gli
effetti di allarme sociale che l'esperienza dell'Artel nel 98
determinò, ma soprattutto sottovalutando quanto affermato nella
stessa relazione che la responsabile del settore di ragioneria ha
sottoscritto, quando ha raccomandato solo una sperimentazione, certamente non superiore ai tre anni, “vista l'esperienza non certo
soddisfacente" fatta negli anni precedenti, e non certo viene
attenuata la responsabilità di qualche amministratore, come il vice
sindaco Petruccelli, che ha affermato di votare solo per disciplina di
maggioranza, facendo balenare l'ipotesi di non condividere il
provvedimento nella sostanza.
Certamente solo il tempo ci renderà evidenti e palesi gli "interessi
di bottega" perseguiti, ma è ancora più certo, visti i precedenti,
che questi interessi non rappresenteranno gli interessi generali della
comunità di Santi Cosma e Damiano per quale l'anno che verrà
sicuramente sarà più duro dei precedenti.




Per questo gli Auguri per il nuovo anno per i cittadini sancosimesi devono essere doppi, “alle botte”, invece,  ci hanno pensato gli amministratori!

sabato 29 dicembre 2012

REGIONE LAZIO: NESSUNA RIDUZIONE DEI CONSIGLIERI REGIONALI. LA CASTA HA MANTENUTO INTATTI I SUOI PRIVILEGI! CHISSà SE I MAYA ABBIANO IMMAGINATO LA FINE DEL MONDO PENSANDO PROPRIO A QUESTA CLASSE POLITICA?







IERI mattina c’avevano provato, con alcuni emendamenti, sia Francesco Storace della Destra sia Chiara Colosimo, capogruppo del Popolo
della libertà alla Pisana. Ma
niente da fare. Il Consiglio
regionale non muterà la propria composizione da 70 a 50
consiglieri. E resta anche il
listino bloccato legato
a ll ’elezione del presidente.
Gli emendamenti sono stati
infatti ritenuti inammissibili.
«Io e la Colosimo proponiamo per il Lazio 50 consiglieri
e non 70 e l'abolizione del
listino - ha scritto quasi in
tempo reale Francesco Storace via Twitter - La sinistra
strilla che non vuole. L'Udc
pure». Molto più articolata la
spiegazione data dall’espo -
nente del Pdl Chiara Colosimo. «Con il collega Francesco Storace - spiega la capogruppo Pdl - avevamo
presentato degli emendamenti che contemplavano la
riduzione a 50 dei consiglieri
regionali e l’abolizione del
listino bloccato. Volevamo
che in un momento di forte
sentimento antipolitico, il
boccino tornasse ai cittadini;
anzi, volevamo fare di più:
eliminare quel listino, in cui
anche io sono stata eletta, che
non si può mantenere perché
i partiti hanno dimostrato di
non essere in grado di selezionare la classe dirigente e
che questo sarebbe più giusto
lasciarlo fare ai cittadini».
Continua Colosimo: «Veniva
chiesta trasparenza, noi abbiamo dato una risposta più
forte di quella fornita dai vertici locali del nostro partito.
Come gruppo consiliare, autonomamente, ci siamo dotati di commercialista, di un
regolamento e stiamo per
mettere online il nostro bilancio trimestrale. Mi è stato
invece rimproverato di non
essermi occupata di nomine:
è vero, non mi sono occupata
di nomine, ma soltanto dei
criteri con cui queste nomine
si sarebbero eventualmente
dovute fare. Rimproveriamo
dunque ai vertici locali di
questo partito di essere stati
assenti. Oggi forse paghiamo
la nostra inesperienza come
gruppo, che si è contrapposto
a norme inique, ma non siamo disposti a pagare con la
nostra dignità».

INCENDIO ALLA PRIMA EX IVER.


 Un capannone della
V.T.M., stabilimento
di Minturno dove si
realizzano pezzi per
veicoli Fiat, è stato distrutto da un violento
incendio, scoppiato
per un corto circuito.
Il rogo ha devastato
l’impianto verniciatura e l’edificio, provocando danni per
circa 500mila euro.






UN incendio di vaste proporzioni ha devastato ieri mattina
il capannone della ex I.VER
in via Parchi Ausente a Minturno. Lo stabilimento, da oltre due anni denominato
V.T.M. perchè rilevato dall'omonima società del nord Italia, si occupa di produzione di
pezzi di ricambio (paraurti ed
altri materiali) per la Fiat.
L'attività, in occasione delle
festività natalizie, era momentaneamente ferma e ieri
mattina una quindicina dei 34
operai, erano impegnati nella
manutenzione dei macchinari
e dell'impianto. Intorno alle
10.30, dalla parte posteriore
dell'impianto verniciatura è
scoppiata un incendio che, in
brevissimo tempo, ha avvolto
tutta la parte destra del capannone, al cui interno c'erano
apparecchiature, diluenti, vernici e materiale chimico. Il
fuoco si è rapidamente sviluppato, favorito anche dal materiale infiammabile presente
all'interno dell'area, in gran
parte devastata dal fuoco. Gli
operai in servizio hanno tentato di domare il fuoco con gli
estintori che avevano a disposizione, ma il tutto è risultato
inutile. Fortunatamente la
squadra dei vigili del fuoco di
Castelforte è arrivata poco dopo ed ha in parte bloccato
l'espansione dell'incendio, in
atteso dei rinforzi dei colleghi
di Gaeta e Terracina. Si sono
vissuti minuti di tensione, anche perchè c'era il fondato
timore che le fiamme potessero coinvolgere anche l'altro
capannone posto accanto a
quello interessato dall'incendio. In breve tempo anche gli
operai che non erano al lavoro
sono giunti sul posto ed hanno
assistito increduli alla devastazione del luogo. Dopo oltre
tre ore tutta l'area era stata
bonificata e agli occhi dei lavoratori non rimaneva che una
gran parte del capannone distrutto dal fuoco. Impianto di
verniciatura, contenitori di
vernice, materiale plastico,
paraurti e capannone, sono
stati fusi dal fuoco, che fortunatamente non ha provocato
alcun intossicato, ne feriti. I
carabinieri della stazione di
Minturno, dopo i rilievi di rito,
hanno notificato ieri sera al
direttore tecnico della V.T.M.,
Riccardo Semrov, il sequestro
dell'immobile, in attesa delle
decisioni della Procura della
Repubblica di Latina, alla
quale è stata inviata una copiosa documentazione. Il direttore tecnico, in assenza dell'amministratore delegato della V.T.M., Salvatore Pantano,
impossibilitato a giungere a
Minturno, ieri mattina si è
imbarcato sul primo aereo disponibile, giungendo a Minturno nel pomeriggio. Insieme
ai carabinieri di Minturno, che
stanno conducendo le indagini, ha effettuato il sopralluogo
del capannone, inutilizzabile
sia per i danni subiti, ma anche
per il sequestro. Non ci sono
ancora conferme ufficiali, ma
pare che il fuoco si sia sviluppato per un corto circuito. In
merito si attendono le risultanze degli accertamenti compiuti dai vigili del fuoco, che
hanno escluso ogni tipo di
inquinamento ambientale.


L'INTERVISTA AL SINDACO PAOLO GRAZIANO.

«PIOVE sul bagnato». Questa la
frase che ieri mattina ha pronunciato il sindaco di Minturno, Paolo
Graziano, precipitatosi all'interno
dello stabilimento «V.T.M.». Il primo cittadino si aggira tra i mezzi dei
vigili del fuoco e non nasconde la
propria amarezza per quanto si è
verificato, fatto che rischia di avere
serie ripercussioni sul bilancio di
altre famiglie. «Non ci voleva - ha
detto Graziano - un episodio del
genere in un momento in cui la
comunità sta patendo una crisi rilevante. Ho già avuto modo di dire
che la ‘fame galoppa’ e chi occupa
un posto se lo tiene ben stretto, ma
quando poi si verificano episodi di
questo genere, ti cadono le braccia.
Tra l'altro la V.T.M. era l'unica
realtà industriale operante sul nostro territorio e ciò da la dimensione
della gravità dell'incendio». Graziano è stato uno dei primi ad
accorrere sul posto. «Mi trovavo nei
pressi – ha detto - perché stavo
verificando la possibilità di un
eventuale intervento sulla strada
che si trova vicino alla fabbrica. Ho
notato una colonna di fumo provenire dalla V.T.M. e mi sono precipitato sul posto, dove purtroppo ho
visto quanto stava accadendo. Vorrei ringraziare i vigili del fuoco per l'encomiabile impegno
e il lavoro fatto con
grande professionalità. Se non ci fosse
stato il loro tempestivo intervento i
danni sarebbero stati
sicuramente più gravi». Paolo Graziano
poi si è soffermato a
parlare con i carabinieri di Minturno che stavano effettuando i rilievi
e i vigili del fuoco, per rendersi
conto personalmente di quanto è
accaduto e sulle possibilità future di
ripresa. In effetti l'attività in quel
capannone in affitto distrutto dal
fuoco non potrà essere ripresa, ma
c'è la possibilità di poter utilizzare
l'altro, che è comunque sotto curatela, dopo il fallimento dell'azienda.
«Questa - ha detto il sindaco Graziano - potrebbe essere una soluzione, forse l'unica per evitare che gli
operai non vengano messi in cassa
integrazione. Come
amministrazione vedremo come potremo renderci utili, ma
ieri ho visto lavoratori con le lacrime
agli occhi, perchè
quel rogo rischia di
mandare in fumo anche i loro progetti futuri. Ci auguriamo
che la curatela del
capannone rimasto integro possa
dare l'ok alla sua utilizzazione, visto che ci sono in gioco dei posti di
lavoro». Per certi versi una situazione simile a quella della ex Evotape,
che ha chiesto al curatore fallimentare l'utilizzazione di capannoni e
macchinari.




VERIFICHE SE LE ESALAZIONI POTESSERO ESSERE TOSSICHE!

SPIEGAMENTO di mezzi ieri mattina
alla V.T.M. di Minturno. Sul posto,
infatti, poco dopo le 10,30 sono intervenute la squadra 9/A dei vigili del fuoco
di Castelforte, la 5/A di Gaeta, che hanno
potuto contare sul contributo dei colleghi
di Terracina. Ben quindici i vigili del
fuoco in azione, coordinati dai capi
squadra Pasquale Di Palma, Dario Minutilli e
Domenico Bonanni.
Inoltre sono intervenuti i
tecnici della S.I.A.P. (Sezione Investigativa Antincendi Provinciale),
deputata ai controlli tecnici e strumentali e al
repertamento delle sostanze della combustione
per individuare le cause
del rogo. Il comandante provinciale,
Cristina D'Angelo ha disposto anche
l'intervento del Nucleo Biologico, Chimico e Radiologico, per verificare eventuali esalazioni tossiche. I carabinieri di
Minturno, guidati dal comandante Luigi
Romanelli e dal suo vice Claudio Bove,
hanno compiuto gli accertamenti del
caso, poi trasmessi alla Procura di Latina.
Sul posto anche gli uomini della protezione civile di Minturno, guidati da
Michele Camerota.

LA STORIA RECENTE DELLA FABBRICA E L'ANSIA DEGLI OPERAI.
LA «V.T.M.» è uno degli ultimi stabilimenti che hanno resistito alla crisi, sebbene anch'essa tre anni fa circa ha
attraversato una crisi che ha
portato ad un ridimensionamento dell'attività. La società,
che ha sedi anche nel nord
Italia, ha sostituito la
«I.VER», che era la precedente denominazione dell'azienda che aveva in organico
73 operai, poi diventati la metà con l'avvento della nuova
società, che iniziò la sua atti
vità nel gennaio del 2010. La
crisi nazionale del settore mise in ginocchio lo stabilimento che cessò l'attività e fu
dichiarata fallita nell'agosto
2010. Ciò portò al licenziamento e alla messa in mobilità di 73 operai, parte dei quali
furono riassunti. Il tutto grazie all'intervento di Salvatore
Pantano, un imprenditore ligure, già titolare di altri due
stabilimenti all'interno dei
quali si producevano pezzi di
ricambio per mezzi pesanti.
Attualmente nel capannone
attivo di via Parchi, ora distrutto dal fuoco, lavoravano
34 operai. Per gli altri invece
l'accordo prevedeva la mobilità e l'assunzione in caso di
necessità. Anzi, nel febbraio
scorso ci fu anche una polemica da parte di un'organizzazione sindacale, che denunciò
il mancato rispetto da parte
dell'azienda degli accordi sottoscritti il 19 gennaio scorso.
Un accordo che prevedeva
l'assunzione di operai in mobilità della ex «I.VER» in
caso di necessità; cosa che,
secondo il sindacato, non era
avvenuta. In questo periodo la
«V.T.M.» stava producendo
materiale per lo stabilimento
abruzzese della Sevel, che costruisce mezzi per la Fiat.
Nello stesso stabilimento, in
passato, sono stati realizzati
ricambi per l'Alfa Romeo di
Pomigliano d'Arco. Tutti gli
operai dello stabilimento erano presenti ieri, mentre i vigili
del fuoco completavano le
operazioni di spegnimento
del fuoco. Nei loro occhi si
leggeva la preoccupazione sul
futuro e sulla ripresa dell'attività a pieno regime. «Sia pure
con qualche difficoltà - ha
detto un operaio - comprensibile in un periodo come que
sto, stavamo lavorando. Questa cosa proprio non ci voleva». Gli occhi di qualche altro
dipendente erano lucidi ed il
pensiero è subito andato alla
futura ripresa dell'attività dello stabilimento «l’unico - ha
detto un altro operaio - rimasto nel Comune di Minturno.
Ci mancava solo questo per
finire in maniera negativa il
2012».




lunedì 24 dicembre 2012

CARTOLINE DI AUGURI DA SANTI COSMA E DAMIANO

BENVENUTI A SANTI COSMA E DAMIANO
PIAZZA GIUSEPPE VOZZOLO


PIAZZA MERCATO, ZONA RETROSTANTE
PIAZZA MERCATO

PIAZZA GIUSEPPE VOZZOLO

VIA VELLOTA
ONORE AI CADUTI (24 DICEMBRE 2012)

SEMPLICEMENTE AUGURI

....se Lo cercheremo, Lo troveremo.........

LA CHIESA DI CAMPOMAGGIORE E L'IRA DI ACHILLE: ANCORA UNA VOLTA IL REATO DI LESA MAESTA' INNESCA UNA REAZIONE CHE PUò PORTARE ALL'ANNULLAMENTO DEL FINANZIAMENTO DELLA PROVINCIA. IL COMUNE SOSPETTA INTERESSUCCI DI BASSA LEGA POLITICO-PARTITICA: PARADOSSALMENTE SONO GLI STESSI DI CUI L'AMMINISTRAZIONE STESSA POTREBBE ESSERE ACCUSATA! PERCHè MAI LA PROVINCIA CHE IMPEGNA 100.000 DOVREBBE PERSEGUIRE QUESTI "INTERESSUCCI", E L'AMMINISTRAZIONE CHE IMPEGNA "ZERO EURO" E NE GESTISCE 100.000 DOVREBBE PERSEGUIRE L'INTERESSE GENERALE????DA SEMPRE L'AMMINISTRAZIONE DI SIENA HA DIMOSTRATO DI PROCEDERE NELL'AMBITO DELLA REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE CON IL PASSO TIPICO DELLA PROCESSIONE DI SESSA, PER MANTENERCI IN TEMA RELIGIOSO, E L'ENTE PROVINCIA HA INTESO DARE UN'ACCELERAZIONE ALLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE: CON QUESTI PRESUPPOSTI CHI è QUELLO CHE PERSEGUE INTERESSUCCI????E SE NON VENGONO PERSEGUITI, PERCHè MAI INNESCARE UNA POLEMICA CHE POTREBBE COMPROMETTERE LA REALIZZAZIONE DELLA NUOVA CHIESA?



COMUNICATO STAMPA DELL'AMMINISTRAZIONE DI SANTI COSMA E DAMIANO!

Restituito il Protocollo d’Intesa stipulato con la Provincia di Latina in merito alla demolizione della Chiesa di Campomaggiore. In una nota inviata al Presidente di Via Costa Armando Cusani e per conoscenza al Presidente del Consiglio Provinciale Michele Forte, il Sindaco Vincenzo Di Siena, rammaricato per l’atteggiamento usato in merito dalla Provincia di Latina ha inteso procedere alla revoca unilaterale degli impegni assunti. Nel luglio del 2011, infatti, l’Ente di Via Costa aveva deciso di contribuire a sostenere le spese per la demolizione dell’attuale Chiesa di Campomaggiore per un importo di € 100.000,00 condizionandolo alla firma di un protocollo d’intesa da parte del Comune di Santi Cosma e Damiano, cui la somma sarebbe stata trasferita solo a seguito di assunzione di determinati impegni esplicitati nel protocollo stesso. Il Comune di Santi Cosma e Damiano, con senso di responsabilità aveva fatto proprio questo protocollo sottoscrivendolo immediatamente con tutti gli oneri che ne sarebbero comunque derivati a carico della collettività aurunca. Qualche mese fa, invece, in maniera unilaterale e senza nè preavviso né alcun accordo verbale la Provincia ha inviato una lettera solo per comunicare che per accelerare i tempi, l’importo stanziato veniva trasferito direttamente alla Parrocchia di Sant’Antonio eliminando, quindi, dalla procedura la presenza del Comune e disattendendo il protocollo che lo stesso Cusani aveva imposto! Un grave atto di scorrettezza istituzionale per il metodo utilizzato che mostra chiaramente la poca considerazione della Provincia di Latina nei confronti della collettività di Santi Cosma e Damiano. Da qui, anche l’appello al Sen. Michele Forte, quale Presidente del Consiglio Provinciale affinchè non consenta il sopravvento di questi metodi di gestione della cosa pubblica che antepongono interessucci di bassa lega politico – partitica agli interessi generali della collettività che pur, vivendo all’estremo Sud della Provincia merita tutto il rispetto possibile ed immaginabile anche per il contributo fornito all’attuale governo pontino.


LA STORIA.


LA chiesa di Sant'Antonio in Campomaggiore
di Santi Cosma e Damiano, è stata costruita in
legno alla fine degli anni 40 sul sito dell'ex
cimitero vecchio dei Comuni di Castelforte e
Santi Cosma e Damiano, grazie alla donazione
della “Charitas svizzera”. Dopo la sua realizzazione, la parrocchia, con decreto del Presidente
della Repubblica, venne riconosciuta nel 1950;
da quell’anno iniziò l’attività pastorale, affidata
a don Giuseppe Saroli, che vi rimase sino al
1963. Agli inizi degli anni 70, la parrocchia fu
affidata ai padri trinitari, primi legatari per
testamento pubblico di donna Giulia Viccari
con atto del 16 marzo 1948. Su progetto dell'architetto professor Giuseppe Zander, fu edificata
la chiesa con strutture in cemento armato e
tufo. I lavori, realizzati dalle ditte Coviello e
Testa, terminarono nel 1976, rimanendo attiva
e frequentata per 35 anni, cioè sino al momento
della sua chiusura. Nel 2010 il parroco, frate
trinitario Giuseppe D'Agostino, propose agli
amministratori di Santi Cosma e Damiano la
realizzazione di una nuova grande chiesa, che
sarebbe stata costruita col contributo della
C.E.I. e dei fedeli per una spesa complessiva di
circa di un milione e 250mila euro; il 75%
sarebbe stato erogato dalla stessa commissione
episcopale, mentre il 25% sarebbe stato a carico
dei fedeli, grazie alle offerte. Per la demolizione,
invece, i fondi dovevano essere stanziati, come
poi è avvenuto, dalla Provincia. Da qui prese
avvio la polemica, che si trascina da oltre un
anno e mezzo, tra i favorevoli alla demolizione
e ricostruzione e i contrari, che, invece ne
chiedevano e chiedono il restauro, in quanto
l’immobile non era pericolante. Il sindaco Vincenzo Di Siena, ricevuta la diffida dai vigili del
fuoco di Latina, ha emesso, nell'agosto del
2011, un'ordinanza di chiusura della chiesa,
per motivi di sicurezza. Una chiusura che continua e che oggi obbliga i fedeli a seguire le
funzioni nell'ex teatrino posto di fianco alla
ch i e s a .

CHI E’ CONTRO L’ABBATTIMENTO.
QUA N D O iniziammo la nostra battaglia contro la demolizione e
ricostruzione della chiesa di Sant’Antonio ci rendemmo subito conto che
si trattava di un progetto che non avrebbe avuto l’esito invocato, ed oggi
i risultati ci danno ragione, in quanto la stessa struttura religiosa non sarà
abbattuta anche perché è di proprietà dell'ente parrocchia». Questa la
dichiarazione dell’avvocato Cosmo Damiano Pontecorvo, che da un anno
e mezzo circa sta portando avanti la battaglia, insieme ad altri cittadini di
Santi Cosma e Damiano. «Quanto deciso dal Comune di Santi Cosma
e Damiano - ha detto Pontecorvo - dimostra il chiaro ravvedimento degli
amministratori che sono stati diffidati da me e dai vigili del fuoco, perché
non si compisse un atto che è stato definito sacrilego da alcuni religiosi
della zona. Io ed altri cittadini di Santi Cosma e Damiano, non appena
venuti a conoscenza del singolare progetto, abbiamo paventato ulteriori
danni contro i beni del nostro territorio. Più volte abbiamo informato gli
enti preposti e le autorità religiose (una nota è stata inviata anche al
cardinal Bagnasco presidente della CEI) affinché si procedesse ad un
recupero ed una riattivazione delle funzioni di una chiesa, realizzata in
strutture di cemento armato, meno di 40 anni fa. La nostra tesi è stata
avallata da un sopralluogo effettuato dai vigili del fuoco di Latina e da
un contestuale accoglimento da parte dell'ufficio del Genio Civile di
Latina. Circa lo stanziamento di fondi, disposto dalla Provincia, informeremo anche la Corte dei Conti». L'avvocato Pontecorvo va giù duro e
punta il dito anche contro l'Arcivescovo di Gaeta, don Fabio Bernardo
D’Onorio, «il quale -ha proseguito lo stesso legale di Santi Cosma e
Damiano- in una riunione organizzata dal parroco locale, con la partecipazione di alcuni tecnici, ebbe ad affermare che la chiesa era pericolante.
Questo è uno dei motivi per i quali abbiamo iniziato una raccolta di firme
per chiedere ai vertici del Vaticano il trasferimento del presule e dei
trinitari che curano le attività della parrocchia di Campomaggiore»

I PROBLEMI ATTUALI.

IN fondo è vero: oltre l’econo -
mia c’è la fede. A Santi Cosma
e Damiano lo hanno compreso
ed è uno dei pochi posti al
mondo dove prima di parlare
dei problemi economici si affrontano quelli religiosi a riprova che stiamo nel cuore cattolico della provincia di Latina, il
sud. Così al sud che è quasi
Caserta, ma ci manca qualche
chilometro e dunque la competenza per la curiosa storia di una
chiesa inagibile (ma forse no)
appartiene alla Diocesi di Gaeta. Il Vescovo in carica, la prima
volta che ha messo piede a
Campomaggiore ha detto che la
struttura era «pericolante». Frase santa. L’am min ist ra zio ne
all’epoca in carica prese come
oro colato quanto detto da sua
eccellenza e, forse anche per
non contraddire l’istituzione
cattolica più importante
nell’ordine gerarchico locale, si
mise subito in movimento per
dichiarare formalmente l’inagi -
bilità e buttare giù tutto per poi
ricostruire una nuova chiesa.
Nessuno allora e neppure oggi
si è mai chiesto come mai un
monumento del genere sia già
da cancellare dopo neanche 50
anni dalla sua costruzione. Magari qualcuno ha fatto un errore
di calcolo... o di progettazione... o di esecuzione.... Il punto,
invece, non è questo, bensì la
spesa da sostenere per l’abbat -
timento, centomila euro già
stanziati dall’amministrazione
provinciale che, tutto sommato,
avrebbe pure altre cose cui pensare. Per quanto spesso si occupi di affari religiosi, feste patronali e restauri di cattedrali sparse qui e lì ma soprattutto nel sud
pontino. I soldi sono stati assegnati a luglio del 2011 quale
«contributo alle spese di demolizione della chiesa» anche per
attutire l’impatto economico
dell’impresa sulla comunità locale. Ma poi, qualche mese fa,
la stessa Provincia ha comunicato con una lettera di disdire il
protocollo con il Comune e di
affidare (per accelerare i tempi)
la stessa somma alla parrocchia
di Sant’Antonio. Per il sindaco
questo sì che è un affronto. E
infatti ha restituito il protocollo d’intesa al
mittente, cioè al
presidente della
Provincia e inviato una lettera
aperta più che
avvelenata al
presidente del
Consiglio Michele Forte,
chiedendogli di
ripensare tutta questa storia. In
teoria adesso le ruspe dovrebbe
mandarle e pagarle la parrocchia.
Ma nel frattempo chi penserà
alle preghiere? E, soprattutto, la
Provincia di Latina troverà
qualcosa di diverso da fare che
inseguire le esigenze cattoliche
dell’estremo sud della provincia. A guardar bene nella stessa
zona ci sono gravissimi problemi ambientali, aziende in crisi,
strade a pezzi. Basta farci caso.
E pregare che non tutti si accorgano di quel disastro.

IL FUTURO.
Ma è davvero pericolante e da
buttare giù la chiesa di Campomaggiore? I vigili del fuoco dicono che si può aggiustare ma il
Vescovo dice che non va. La
Provincia stanzia dei soldi per
pagare le ruspe ma adesso il
sindaco si è offeso perché quel
denaro è andato alla parrocchia e non al Comune. E forse
la chiesa si salva!
SE fosse considerata
p a r t e   i n t e g r a n t e
dell’immenso patrimonio storico e artistico
della provincia di Latina probabilmente sarebbe un po’ più difficile parlare di abbattimento. Ma in questo
caso sembra di stare a
discutere di un condominio che deve essere
sostituito con un residence di più moderno
concepimento architettonico. E a stupire ancora una volta è la frattura che si è creata nella
comunità locale (almeno in una parte) che
vorrebbe conservare la
chiesa in quanto luogo
d’affetto oltre che un
posto, come molti altri,
dall’elevato valore simbolico per chi ha fede.
E’ possibile che adesso
l a   p a r r o c c h i a   d i
Sant’Antonio acceleri
l’iter di abbattimento e
dimostri così di essere
più veloce della burocrazia che caratterizza
gli enti pubblici, generalmente molto lenti,
Così in qualche modo si
attenuerà lo scontro sulle scelte della Provincia.